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Carmelo Lazzaro

Carmelo Lazzaro

La soluzione all’infortunio di Giacomo Zilli si chiama Francesco Quaglia. Il giocatore oggi ha risolto consensualmente il contratto che lo legava alla Pallacanestro Cantù di serie A ed ha detto “sì” alla Fortitudo Moncada Agrigento.

Toscano, classe ’88, Francesco Quaglia è alto 207 centimetri. Il club biancazzurro punta su lui per sopperire all’assenza di Zilli per il quale la stagione è terminata anzitempo.

Coach Franco Ciani presenta il nuovo giocatore della Fortitudo.

"E’ un giocatore che ha grande fisicità ed una importante presenza in aria. Francesco è compatibile in chiave tattica con tutte le nostre soluzioni. Può giocare con Jalen  Cannon, con Guariglia in alcune situazioni tattiche, ma anche insieme a Sousa. In un momento di difficoltà e di emergenza, dovuto all’infortunio di Giacomo Zilli, abbiamo trovato una soluzione che sicuramente di non difficile inserimento in un canovaccio tecnico e tattico che gli sta addosso in maniera corretta".

Francesco Quaglia è cresciuto nel vivaio della Virtus Bologna. Si affaccia al mondo dei professionisti da giovanissimo, nella stagione 2005-2006, andando più volte in panchina con la prima squadra allenata da coach Zare Markovski. Lo stesso farà anche l’anno seguente, nella Virtus di Travis Best, Brett Blizzard e Dusan Vukcevic. Nell’estate del 2007 si trasferisce a Modena, in B1, iniziando il suo lungo girovagare nelle Minors tra Castelletto, Fortitudo Bologna, Massafra, Viola Reggio Calabria, Firenze e Robur Basket Osimo. In mezzo le parentesi in Serie A con le maglie di Virtus Bologna, nel 2011, e Sutor Montegranaro, nel 2013. Poi, nell’annata 2015-’16 il ritorno in maglia Fortitudo Bologna, neopromossa in A2, con cui disputa 43 partite tra regular season e playoff. A stagione conclusa arriva la prima chiamata della Pallacanestro Cantù, dove torna a calcare il palcoscenico della Serie A, poi il passaggio a Tortona nell’estate del 2017 e, dunque, il ritorno alla Red October per la stagione 2018-’19.

Ciao, Totò!

Nov 24, 2024

Il suo posto era lì in tribuna coperta. In quel seggiolino blu oggi c’era un mazzo di fiori. L’Akragas, insieme ai tifosi, ha reso omaggio a Totò Contino super tifoso biancazzurro scomparso improvvisamente nei giorni scorsi.

Nel giorno del funerale, sul feretro sono state adagiate la maglia biancazzurra e la sciarpa dell’Akragas alle quali era profondamente legato. Un grande amore, da sempre, sin da ragazzino, per quei colori.

Totò era solito anche organizzare le trasferte dei tifosi, sempre pronto ad impegnarsi in favore della sua squadra del cuore, e grande sostenitore, anche nel campionato dilettantistico di Promozione. Da tifoso autentico, per lui la categoria non era importante.

“Ciò che conta è la maglia biancazzurra, il nome Akragas, la nostra città. Dobbiamo sostenerla sempre. Torneremo grandi”.

Mi disse così al telefono non molto tempo fa.

Ciao, Totò!

La Fortitudo Moncada Agrigento vince il posticipo interno con Latina, incamera due punti preziosissimi e ribalta il risultato della gara di andata.

87 a 80 il successo degli agrigentini al termine di una gara combattuta e sostanzialmente equilibrata.

Latina ha dato filo da torcere. La Fortitudo Moncada Agrigento ha giocato l’ennesima partita a roster ridotto per l’assenza dell’infortunato Giacomo Zilli, tra i dieci semplicemente per esigenze di referto.

In questo periodo i biancazzurri stanno stringendo i denti e la vittoria è un buon viatico per superare l’avversità stagionale.

Tornando alla gara con Latina, la squadra di Franco Ciani è stata trascinata dal solito “gigante” Cannon. L’americano ha realizzato 27 punti (miglior realizzatore del match) confermandosi pilastro fondamentale. In casa Agrigento, bene anche Pepe con 17 e Guariglia con 14.

Per quanto riguarda Latina Lawrence è stato autore di 20 punti seguito da Carlson con 15. La vittoria consente alla Fortitudo Moncada Agrigento di agganciare proprio i laziali a quota 26 punti e di cancellare la brutta sconfitta di Treviglio. 

M Rinnovabili Agrigento - Benacquista Assicurazioni Latina 87-80 (25-20, 14-24, 28-16, 20-20)

M Rinnovabili Agrigento: Cannon 27 (11/18, 0/2), Pepe 17 (4/7, 2/6), Guariglia 14 (1/3, 4/8), o Ambrosin 11 (1/6, 3/5), Bell 8 (2/8, 0/2), Evangelisti5 (0/1, 1/1), Sousa 3 (1/4, 0/0), Fontana 2 (1/1, 0/0), Cuffaro 0 (0/0, 0/1), Trupia 0 (0/0, 0/0), Nicoloso 0 (0/0, 0/0), Giacomo Zilli ne. Coach Franco Ciani.

Benacquista Assicurazioni Latina: Lawrence 20 (4/7, 4/5), Carlson 15 (2/2, 2/8), Tavernelli 11 (1/3, 3/4), Cucci 9 (3/7, 0/1), Cassese 9 (3/5, 1/1), Allodi 8 (4/6, 0/0), Fabi 4 (2/4, 0/3), Baldassarre 4 (2/3, 0/3), Jovovic 0 (0/0, 0/0), Cavallo 0 (0/0, 0/0), Ambrosin 0 (0/0, 0/0). Coach Franco Gramenzi

Santangelo e Castaldo firmano il derby col Kamarat e consentono all’Akragas di tornare al successo. Al “Salaci” di Cammarata i biancazzurri hanno vinto due a zero al termine di una gara vivace e sentita da entrambe.

Nel primo tempo l’Akragas sblocca la gara col solito Santangelo. Il Kamarat reagisce e sfiora il pari in diverse occasioni ma l’imprecisione e la bravura del portiere dell’Akragas Gino Casella evitano il gol dei padroni di casa.

Nei minuti finali, nel momento migliore del Kamarat, i biancazzurri di Giovanni Falsone siglano il gol vittoria con l’agrigentino Castaldo.

Un successo utile all’Akragas per i play off? Si vedrà più avanti anche se indubbiamente i tre punti sono importanti per continuare a sperare.

Agrigento si riappropria della propria Cattedrale. Con la concomitanza della solennità del patrono San Gerlando il tempio viene riaperto ai fedeli. La Chiesa è stata sottoposta ad una serie di interventi strutturali e altri sono attesi nel colle interessato nel tempo da frane. La riapertura della Cattedrale è stato solennizzata con una celebrazione presieduta dall'arcivescovo metropolita di Agrigento, cardinale Francesco Montenegro. 

Ecco il testo integrale dell'omelia del cardinale Montenegro.

Un saluto cordiale e carico di gioia assieme al grazie per la presenza va a tutti voi fedeli della Chiesa agrigentina, accompagnati dai vostri presbiteri e diaconi- finalmente ritorniamo nella nostra Cattedrale -, grazie ai confratelli Vescovi che ci fanno sentire la vicinanza, anzi la comunione, delle altre chiese, e alle autorità tutte, civili e militari, regionali, provinciali e cittadine che, con la loro presenza, arricchiscono questa assemblea.

 

«La gloria del Signore riempiva il tempio» (Ez 43, 5). Mi piace iniziare con le parole del profeta Ezechiele e porle come cornice a questa solenne celebrazione di ringraziamento e di lode al Signore per la riapertura della chiesa Cattedrale. Rientriamo finalmente nel nostro tempio, in questa nostra casa, prezioso per noi perché da qui sono passati nel corso dei secoli tanta preghiera, tanto magistero e tanta santità.

La nostra Cattedrale, purtroppo, resta ancora una mamma malata, ci auguriamo che, riaverla significa che almeno sia uscita in maniera definitiva dal coma. In questi anni siamo stati sostenuti dalla speranza, anche se, devo confessarlo, a tratti, sembrava sbiadirsi e addirittura spegnersi a motivo di atteggiamenti non sempre interpretabili, delle molte deludenti e insincere parole e delle tante vuote e finte promesse. I lavori non sono completati, c’è ancora tanto da fare. Si deve completare la messa in sicurezza dell’edificio, poi dovrebbe iniziare il rinsaldamento della collina e infine ci vorrà il restauro finale dell’ edificio. Quel che conta, però, è che, dopo tanti lunghi anni, siamo oggi qui, per pregare e ritrovarci come chiesa santa di Dio.

È stato un momento fortemente desiderato, non tanto perché c’era l’urgenza di riaprire una chiesa, ma perché volevamo questa chiesa, la nostra cattedrale.

La fede si sostiene ed è ricca di segni. Uno di questi è la Cattedrale che simboleggia l’unità, nel nostro caso, della Chiesa Agrigentina. Rientrarvi, pregare e celebrare l’Eucaristia, significa risentirci concretamente dentro la storia cristiana della nostra terra, storia santificata dalla fede dei credenti, dei santi e dal sangue dei martiri che ci hanno preceduto. È importante  questo tempio per riandare alle radici della nostra fede e della nostra storia. Qui siamo identificati per la nostra fede, qui si comprendono meglio e diventano nostre le parole di Pietro: ”Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.

Questo tempio ricorda e ripropone la storia religiosa, ma anche quella civile del nostro territorio e del nostro popolo. Potreste dirmi: ma questo non vale per tutte le chiese? Sì, però le altre chiese della diocesi sono la continuità di questa chiesa; esse non ci sarebbero se non fossero in comunione con questa. E questa Chiesa Madre, a sua volta, è strettamente legata alla Cattedra di Pietro, di cui oggi la Chiesa fa memoria. Questa coincidenza è stato il motivo per cui abbiamo scelto questa giornata per riaprila.

Sentiamo perciò l’orgoglio e la gioia di ritrovarci nella nostra Cattedrale: sentiamoci fieri, riconoscenti e gioiosi di essere tutti noi protagonisti di una lunga storia di fede; orgogliosi e consapevoli della nostra identità, delle nostre radici e del fatto che dalla Provvidenza ci viene affidata la storia odierna perché continui nel tempo. Ci tocca consegnarla ai nostri ragazzi e ai nostri giovani - è una bella storia, ecclesiale e civile - perché camminino fiduciosi verso il futuro.

Guardiamola la nostra cattedrale, anche se ferita, e lasciamoci prendere dallo stesso stupore di Salomone: «Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?».

Mi piacerebbe che oggi tutta la città il territorio agrigentino si sentano in festa. Non si riapre solamente un’interessante e antica opera architettonica; questo tempio è molto di più di un museo o di un contenitore di belle opere. Il card. Montini ebbe a dire: «Il segreto della cattedrale è che essa non è semplicemente un interessante monumento d’architettura, un venerabile edificio storico, un ampio museo di belle arti, né è un solenne salone di conferenze, o un auditorium di musica sacra. Essa è per noi una casa viva, un luogo privilegiato di abitazione divina. È l’aula di Cristo Maestro, è il Tempio di Cristo Sacerdote, è il luogo di Cristo Pastore». Sì, qui Cristo continua a ripetere da secoli: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo». E noi gli abbiamo risposto con le parole del Salmo: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla».

Questo antico edificio, posto in mezzo alle nostre case, ne è il cuore o, poiché svetta in cima al colle, è come la vedetta che, mentre vigila e protegge chi abita questa terra, invita a guardare il cielo perché possiamo desiderare sempre ciò che vale ed è grande in modo da abitarla con stile umano e familiare. Le nostre radici sono in cielo. Non sono le case e i palazzi a rendere vivibile una città ma le persone e le relazioni che loro intessono. Qui, noi credenti viviamo momenti particolari di preghiera, di comunione e di amicizia che assicurano una vita sociale più solidale e più pacifica. I valori della vita cristiana, anche e soprattutto in tempi non facili come i correnti, restano attuali e decisivi; da credenti che viviamo in una città non possiamo non avvertire la responsabilità di aiutare la comunità civile a sentire sempre il bisogno dell’unità e della concordia. Giorgio La Pira proponeva di “rigenerare in Cristo la società civile; riparare, nella grazia, l'ordine umano collettivo; rifare le cattedrali e le chiese centro della città; ridare al culto collettivo della Chiesa il posto che gli spetta». È un’utopia che può diventare realtà se tutte le nostre comunità ecclesiali s’ impegnano non solo nella ricerca della Gerusalemme celeste ma anche nell'edificazione della città degli uomini “attorno all'antica fontana della grazia e della verità” (come diceva Giovanni XXIII), che è la Chiesa.

Da questa cattedra Cristo, l’unico vero maestro, continua a insegnare, a rivelarci il Padre, ad annunziare il Regno di Dio, a diffondere la legge rivoluzionaria della carità. Il pensiero grato va in questo momento a tutti i Vescovi che hanno rappresentato nella Chiesa agrigentina il «Principe dei pastori» - come lo chiama Pietro -, sempre presente tra noi, sempre identico a sé, ieri e oggi e nei secoli (cfr. Eb 13,8).

Questo maestoso tempio materiale ci rimanda all’altro tempio, più prezioso, quello spirituale, cementato della carità, fatto di “pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (1 Pt 2,5). - «Voi siete il tempio del Dio vivente» (2 Cor 6,6) – questo significa vivere in comunione di convinzioni e di intenti per superare ogni frammentazione e desiderare di camminare insieme. La comunione non è solo il frutto della buona volontà o delle strategie pastorali, ma è obbedienza dovuta al Signore. Ignazio di Antiochia definisce i cristiani: «pietre del tempio, preparate in anticipo per l’edificio di Dio Padre, sollevate in alto dalla macchina di Gesù Cristo, che è la croce, usando per corda lo Spirito Santo» (Ef 9,1). È Cristo la pietra angolare del tempio spirituale, se fondati e costruiti saldamente su di Lui si genera e alimenta la comunione tra noi cristiani. Non dimentichiamo le parole dell’apostolo: «voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio » (1 Pt 2,10).

La comunione ecclesiale è dono, è il frutto dell’amore di Dio che non ci fa perdere la speranza e la fiducia nonostante le diversità e le divisioni. La comunione, però, dipende anche da noi. Dice Paolo: «Se c’è qualche consolazione in Cristo, … se ci sono sentimenti di amore e di compassione ... Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,1.5).

Che il Signore faccia di noi «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Ci doni di vivere una comunione più convinta e più operosa nella collaborazione e nella corresponsabilità. Non è facile, come non lo è costruire o restaurare una chiesa, c’è sempre dell’altro da fare. L’importante è provarci.

Senza dimenticare infine che il frutto della comunione è la missione. Continuiamo a costruire la nostra Chiesa, lasciamoci coinvolgere dal suo dinamismo missionario, obbedendo al mandato: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Ogni pietra, in questo edificio, non importa se piccola o grande, se visibile o no, ha la sua importanza e un suo ruolo; nella Chiesa, fatta di pietre vive, tutti, ciascuno secondo la propria vocazione, siamo chiamati a essere annunciatori, testimoni, missionari.

Questo tempio, nonostante i lavori continuino, si presenta a noi con un volto rinnovato. L’importante è che questo restauro sia accompagnato da quello delle nostre anime e da una sincera e permanente conversione.

Approfitto per dire il mio grazie a quanti hanno partecipato in varia maniera alla riapertura, credendoci, finanziando, progettando, seguendo ed eseguendo manualmente i lavori. Non faccio l’elenco, scusatemi, perché sono certo che dimenticherei qualcuno.

Chiudo con le parole di Paolo VI: «A Cristo ogni Cattedrale appartiene. Questa Chiesa è sua. Per Lui qui è innalzata una cattedra, sulla quale il suo Apostolo, in sua vece, parlerà; per Lui un trono, sul quale chi tiene il suo posto, siederà; per Lui un altare, dal quale chi lo rivive farà salire al Padre il suo stesso sacrificio; per Lui qui è riunito il popolo col suo Vescovo, e a Lui innalza il suo inno di gloria e la sua gemente preghiera; e da Lui, questo tempio acquista la sua misteriosa maestà».

Affidiamo la Chiesa agrigentina a Maria Assunta e a S. Giacomo, ai quali questo tempio è dedicato, ai nostri santi Libertino, Gerlando e Calogero, e chiediamo la loro intercessione per essa, per tutta questa terra e per questa nostra città.

La sconfitta esterna con Treviglio ha messo in luce i problemi di una squadra che fa i conti con le assenze per infortunio. In attesa del sostituto di Giacomo Zilli (potrebbe essere Vangelov), i biancazzurri preparano la gara di lunedì in casa, al pala Moncada dalle 20,30, contro Latina.

 L’obiettivo è tornare al successo anche se i laziali saranno si preannunciano avversari tosti. Della gara hanno parlato il coach Franco Ciani e Simone Pepe.

 Franco Ciani: “E’ una partita difficile i nostri avversari si sono rinforzati cammin facendo. Latina evoca non buoni ricordi per quello che riguarda l’ultimo fischio e l’ultima giocata. Evoca ricorda eccellenti sotto il profilo della prestazione. E’ una gara che avevamo dominato. Dobbiamo essere capaci di trovare la giusta energia, riuscendo a difendere nel modo migliore possibile. Latina è una squadra di grandi tiratori, è un team che può fare un quintetto con quattro giocatori sopra i due metri in campo. In questo momento noi a livello di chili e centimetri siamo in affanno, dobbiamo essere abili a trovare le giuste contromisure tattiche. Sarà il primo dei cinque scontri diretti che avremo sul nostro campo. Arriviamo dopo lo schiaffo di Treviglio, lo strascico emotivo c’è, ma abbiamo cercato di ripartire da alcuni punti fermi. Pubblico? Abbiamo bisogno di calore, sostegno e affetto. Un supporto maggiore che riesca a darci solidità”.

 Simone Pepe: “Per noi è un momento complicato, non deve essere una giustificazione ma fonte di stimolo. Non possiamo fallire, in nessun modo, le partite in casa. Dobbiamo riuscire a vincere. Chiave tattica? Abbiamo bisogno di serenità. Si deve tornare a giocare come abbiamo sempre fatto. Giocheremo in casa e questo è importante”.

Ciò che si temeva purtroppo è adesso ufficiale. Per Giacomo Zilli la stagione è terminata. Il pivot friulano nei prossimi giorni dovrà sottoporsi ad intervento chirurgico che lo terrà lontano dai campi di gioco dai quattro ai sei mesi.

A comunicarlo tramite una nota è la società della Fortitudo Moncada Agrigento. Il club biancazzurro da tempo è attiva sul mercato per individuare il sostituto del bravo Zilli.

Ecco la dichiarazione del direttore sportivo, Cristian Mayer. "Purtroppo abbiamo dovuto aspettare i vari accertamenti e data la rarità del caso ci siamo dovuti confrontare con uno specialista. Lunedì abbiamo atteso il responso negativo, che appunto ci diceva che Giacomo dovrà sottoporsi ad intervento chirurgico. La società si era già attivata sul mercato e nei prossimi giorni speriamo di avere novità".

 

 

 

Costretta al pari, in casa, allo stadio Esseneto. L’Akragas frena il proprio cammino. La Folgore Cinque Torri Castelvetrano impone il 2 a 2.

I biancazzurri di Giovanni Falsone non vanno oltre il pareggio contro i trapanesi che fino alla fine hanno creduto nel risultato positivo.

L’Akragas ha pagato le assenze (Santangelo squalificato e durante la gara gli infortuni di Chiazzese e Maniscalco) ed una condizione complessiva non ottimale.

Per primi in vantaggio gli ospiti con Armata dopo dieci minuti di gioco, l’Akragas pareggia con Cimino quasi alla mezzora. Poi i biancazzurri passano in vantaggio con Puccio e gli ospiti rispondono ancora con Armata che fissa il 2 a 2.

Sul finire di gara l’attaccante agrigentino Falsone spreca una grossa opportunità.

Il pari serve a poco, specie all’Akragas. 

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